L’8 agosto si ricorda la “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”, rendendo così indelebile,nella memoria del nostro Paese, la commemorazione dei 136 italiani che persero la vita a Marcinelle, così come di tutti gli italiani emigrati vittime di incidenti sul lavoro.
La commemorazione dei nostri connazionali caduti sul lavororipropone la centralità dellavoro quale motore insostituibile della vita di ogni singolo individuo: la nostra Costituzione, sin dal primo articolo, fa del lavoro un principio cardine del nostro sistema sociale e fondamento stesso della Repubblica.
L’attuale contesto economico europeo e le difficoltà vissute in questi anni dal progetto di integrazione rendono oggi il lavoro e la promozione dell’occupazione una sfida fondamentale a cui Stati membri e Istituzioni comunitarie non possono sottrarsi. La tragedia di Marcinelle deve ricordare a tutte le Istituzioni, nazionali ed europee, che l’impegno comune per garantire a tutti i cittadini del continente migliori opportunità di lavoro e garanzie di sicurezza resta un obiettivo irrinunciabile del nostro sistema politico-economico.
Il ricordo di Marcinelle, tragedia del lavoro, ci fa inevitabilmente pensare al grande dramma dei nostri giorni, quello dei migranti nel Mediterraneo, spinti come i nostri emigranti dalla ricerca di un futuro migliore lontano dalle proprie radici, dalla propria casa, dai propri affetti. Anche in questo caso l’Europaè chiamata a dare una risposta comune ad un fenomeno che non può e non deve essere motivo di divisione, e contrasto, ma deve trasformarsi in un momento di riflessione che ci consenta di riaffermare l’autentico spirito di condivisionealla base dell’avvio del processo di integrazione europea.
Il dolore e la commozione non possono peròfarci dimenticare l’ammirazione per lenostrecomunitàall’estero, da sempre capaci di rialzarsi con coraggio, anchedopo tragedie come quella di Marcinelle: esse sono state e sono esempio di tenacia, operosità e onestà nei Paesi ospiti e sono motivo di orgoglio per tutti noi.
Paolo Gentiloni